Medaglia a 14 partigiani, dalla resistenza alle sfide di oggi (video di tabloid)
Sono stati protagonisti della Liberazione e la Repubblica “ringrazia uomini e donne della Resistenza perché la loro lotta ha consentito la sua nascita”. Lo ha detto a Genova il ministro della Difesa Roberta Pinotti consegnando a Palazzo Doria Spinola, la Medaglia della Liberazione a quattordici partigiani e partigiane, alla presenza del prefetto Fiamma Spena, del sindaco di Genova e della Città metropolitana Marco Bucci, dell'assessore regionale Ilaria Cavo, del presidente Ilsrec Mino Ronzitti e dei rappresentanti di tutti gli enti e istituzioni.
A Genova e in Liguria la partecipazione alla Resistenza fu molto alta e dopo le prime 189 medaglie della Liberazione consegnate nel 2016 a Palazzo Ducale ne è così stato insignito un altro gruppo di partigiani.“E' stata una cerimonia commovente e un momento di grande significato - ha detto Roberta Pinotti – perché a Genova e in tutte le città d'Italia abbiamo consegnato per la prima volta questo riconoscimento ai nostri partigiani e alle nostre partigiane che hanno combattuto per la Liberazione”. Per Marco Bucci, sindaco di Genova, Comune medaglia d'oro al valor militare della Liberazione, e della Città metropolitana, medaglia d'oro al merito civile per l'azione delle sue popolazioni nella Resistenza “questo è un momento importante, un riconoscimento ai valori della libertà e a chi ha speso energie, forze, anni della propria vita, talvolta la vita stessa, per la libertà.
Sono state fatte scelte difficili a quell'epoca e ricordarle è un messaggio molto importante anche per oggi, per noi che dobbiamo fare, Genova e la Città metropolitana, scelte difficili e andare verso il futuro. Questo è il messaggio per tutti noi e per le nuove generazioni che dobbiamo raccogliere, perché anche noi dobbiamo lottare per il nostro futuro.” La consigliera metropolitana Laura Repetto ha partecipato alla consegna delle Medaglia della Liberazione in rappresentanza del territorio con grande commozione perché fra i premiati c'era anche suo zio Secondino Valente, partigiano Primo della Brigata Oreste. “È un ragazzo del 1922 – dice - salito in montagna con i partigiani e che ha lottato davvero tanto, rischiando due volte la morte e vedendo molti dei suoi compagni morirgli letteralmente fra le braccia. Quella di oggi è stata un'emozione fortissima per lui come per tutti partigiani protagonisti della cerimonia”.Secondino Valente, che ricorda il sostegno vitale della popolazione ai partigiani, riuscì a sottrarsi alla cattura, anche in modo davvero rocambolesco, aiutato dalla sua famiglia e dal fisico agile e minuto.
“Tornavo – racconta – da una missione sul monte Antola verso Ponte di Savignone, dove abitava la mia famiglia. C'erano diverse spie, pagate da fascisti e tedeschi, che seguivano i nostri movimenti e proprio per una delazione quel giorno i fascisti erano appostati nei pressi di casa.""Mia madre mi avvisò dalla finestra che mi stavano cercando, allora entrai dalla cantina e riuscii a rifugiarmi nel piccolo ripostiglio fatto per me da mio padre coprendo con una tramezza un armadio a muro. Ci si entrava da un foro sotto il lavello in cucina e l'imboccatura era strettissima, ci sarebbe passata a stento una gamba, ma io ero magrissimo e riuscivo a entrarci.”
Dino Valente si è salvato così e si commuove ancora pensando a chi invece è stato vittima della ferocia nazifascista, come i ragazzi torturati e trucidati alla Casa dello Studente di Genova. “Dopo la Liberazione sono stato fra i primi a entrarvi e non potrò mai dimenticare che cosa ho visto nelle gabbie dove torturavano i giovani antifascisti per avere informazioni: occhi strappati, nerbi di bue che colavano ancora sangue. Se quel giorno a Savignone mi avessero catturato avrei seguito la stessa strada di quei ragazzi e non sarei qui a raccontare, padre di tre figli e bisnonno di quattro nipoti.” Dalla Resistenza che ha fondato la Repubblica a quella di fronte agli attacchi di oggi alla nostra libertà.
“E' la resistenza contro il terrorismo – ha detto il ministro Pinotti - ricordando nell'anniversario dell'attacco alle Torri Gemelle del 11 settembre che anche in Europa, nel cuore delle nostre città i rischi sono aumentati. C'è bisogno di un lavoro importante da parte delle forze dell'ordine, delle forze armate, della magistratura, ma c'è anche bisogno che i cittadini non cambino il loro modello di vita. I terroristi vogliono cambiarci, farci diventare paurosi di quello che abbiamo costruito, ma dobbiamo rassicurare i cittadini che non devono aver paura, perché lo Stato lavora per loro”.