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I confini contesi del mandamento di Gavi e del Circondario di Novi Ligure

Al momento della sua costituzione la Provincia si estendeva, pertanto, a est fino ai confini con la Provincia di Massa Carrara, comprendendo i Comuni di Castelnuovo, Sarzana e S. Stefano; a ovest fino al confine con la Provincia di Porto Maurizio, comprendendo Andora e Laigueglia, mentre a sud aveva il suo limite naturale nell'ampio golfo ligure.
Non comprendeva a nord tutti i Comuni del Mandamento di Gavi e dei Circondario di Novi, che già da epoche remote erano sempre stati considerati liguri.
L'inaspettata decisione di annettere questi Comuni (Fracconalto, Voltaggio, Carosio, Parodi Ligure, Bosio, Rocchetta Ligure, Vignole Borbera, Novi Ligure) alla Provincia di Alessandria è imputabile all'allora ministro Urbano Rattazzi, alessandrino, che si valse dei poteri straordinari conferitigli nel 1859, per allargare l'ampiezza della sua Provincia.
Ciò però non potè non causare, già allora, un immediato moto di scontento e di ribellione da parte delle popolazioni residenti, dando vita ad un'aspra polemica che si trascinò per decine d'anni.

Vi sono in realtà nella questione ben valide ragioni storiche, geografiche, etnografiche e sociali che la giustificano.
Andando indietro nei tempo infatti si trova che il Circondario di Novi apparteneva a Genova già in epoca anteriore ai mille quando, nel rimaneggiamento delle marche, fu creata quella della Liguria orientale che si spingeva fino a Tortona ed a Ovada.
La Repubblica di Genova restrinse poi il suo dominio alle terre d'Oltregiogo effettivamente liguri, garantendone la difesa.
Nei periodo tra il 1447 e il 1860 il Circondario di Novi appartenne sempre alla Repubblica di Genova prima, e alla Divisione amministrativa di Genova poi; persino il trattato di Vienna (del 1814), pur decretando l'annessione della Repubblica di Genova allo stato sardo piemontese, stabilì che i territori genovesi dovessero essere tenuti in un regime di amministrazione assolutamente autonomo e che nessun Comune poteva essere smembrato o assegnato ad altra giurisdizione.
Non sono solo queste ragioni storiche, ma altre specialmente economiche ed antiche che stanno alla base dello stretto legame con il capoluogo ligure.

Gli anni 1865,1872,1908, videro perciò le popolazioni di questi Comuni farsi promotrici di rivendicazioni presso le autorità, che rimasero sempre senza esito alcuno.
A qualcosa sembrò si giungesse nel 1909, quando persino la Deputazione di Alessandria, sollecitata dalle pressioni dei Comuni del Mandamento di Gavi Ligure, espresse il suo parere favorevole alla loro ricongiunzione a Genova:

"..se un gruppo della nostra consociazione provinciale di Alessandria si trova a disagio tra noi, non gli deve essere tolto il modo di migliorare le proprie sorti"

i sindaci del Mandamento di Gavi riuniti in assemblea nei 1923 affermavano solennemente:
"Tutte le popolazioni del Mandamento di Gavi, malgrado il lungo periodo di forzata annessione alla Provincia di Alessandria, hanno sempre conservato il proprio carattere schiettamente ligure, per idioma, ragioni etniche, tradizioni storiche, politiche e anche religiose; tutti i loro interessi agricoli, industriali e commerciali convergono su Genova; tutte le comunicazioni sono molto più facili e più frequenti con Genova che con Alessandria; genovesi o liguri sono tutti quanti i proprietari di terreni e fabbricati del Mandamento; tutti i lavoratori dei Mandamento affluiscono per ragioni di lavoro agli stabilimenti industriali di Genova e Liguria; mentre nessuno si reca a lavorare ad Alessandria. Nessuna ragione, quindi, potrebbe accamparsi dalla provincia di Alessandria, per opporsi ai giusto desiderio di queste popolazioni".

Nel 1924, ancora, i cinque Comuni del Mandamento tornarono alla carica, forse a seguito dei decreto che stabiliva l'annessione dei Comuni di Rondanina, Fascia, Gorreto, Rovegno e Fontanigorda alla Provincia di Genova (8.7.1923); su iniziativa dei deputati genovesi venne presentata al parlamento una proposta di legge con oggetto la riannessione: la proposta fu approvata alle Camere "a votazione palese". La cosa sembrava così definitivamente e favorevolmente decisa; nei Comuni si festeggiava già, essendo ormai soltanto necessaria la formalità della votazione "a scrutinio segreto" per renderla esecutiva, quando, giunta la notizia ad Alessandria, l'allora segretario del partito fascista assieme al presidente della Provincia e ai podestà, facendo "di una questione amministrativa, quasi una questione di irredentismo politico" telegrafarono urgentemente al segretario del partito a Roma scongiurandolo di impedire "in qualunque modo" che la legge avesse esecuzione.
E la soluzione si trovò facendo semplicemente sparire dall'aula le urne per la votazione.
il provvedimento non andò così in vigore e ancora oggi questi Comuni si trovano sotto giurisdizione piemontese.

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