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Paesaggio montano

Archivio di stato, anche il primo “ritratto” della lanterna fra i tesori (video di tabloid)

Archivio di Stato1
Data: 
Giovedì, 13 Luglio, 2017 - 15:35

Dal trecentesco registro della magistratura dei Salvatores con il disegno del simbolo di Genova un viaggio per immagini nei tesori di carta e pergamena che testimoniano la storia e le storie della Superba nei secoli.Il primo disegno conosciuto del simbolo di Genova, la Lanterna, un tempo Torre di Capo di Faro.E' del 1371 e apre il registro compilato quell'anno dai Salvatores Portus et Moduli, la magistratura preposta al porto e al molo. Lo si può ammirare fra i tesori di pergamena e di carta dell'Archivio di Stato di Genova dopo il restauro, molto impegnativo, delicato e complesso sostenuto dal Lions Club di Sampierdarena. “La coperta in pergamena – racconta Giustina Olgiati dell'Archivio di Stato - era completamente staccata dal registro e il restauro a mano è stato molto lungo e macchinoso anche per la colatura di un liquido, probabilmente a freddo, all'interno del supporto. Poi è stato necessario ricostruire tutte le lacune, stirare la pergamena e convincerla ad abbandonare le pieghe”.Il disegno del 1371 richiama le architetture originarie della torre nata nel 1128 e che poi ha assunto le forme attuali dalla ricostruzione del 1543. La Lanterna infatti, nel '500 mentre i cannoni genovesi bombardano la fortezza francese della Briglia resta vittima del fuoco amico. “Viene decapitata – spiega Giustina Olgiati - e poi ricostruita nelle forme attuali. Sappiamo inoltre dai disegni e dalle incisioni dell'epoca che l'antica torre di Capo di Faro era più alta e slanciata di quella del Molo che oggi non esiste più”.Quella con la Lanterna è la 452 unità restaurata all'Archivio di Stato genovese di piazza Santa Maria in via Lata nel suo programma 'adotta un documento' varato nel 2008 per far rivivere con il sostegno di cittadini e associazioni preziose e antiche testimonianze di uno scrigno sconfinato di storia e storie della Superba.Fra queste “la copia del XII secolo del documento in assoluto più antico del Comune di Genova, il diploma di Berengario e Adalberto del 958 d.C. in cui due sovrani d'Italia, di un regno carolingio ormai in declino, riconoscono ai genovesi la possibilità di lasciare i beni in eredità ai loro figli. Significa che non sono schiavi né servi di nessuno, perché solo gli uomini liberi possono disporre dei propri beni. Lo stesso documento riconosce che i genovesi non devono pagare le tasse a nessun signore e questa cosa importantissima spiega perché l'abbiano ricopiato tante volte nel Medioevo.”E poi dal 1161 arriva un giuramento della Compagna. “Ogni 3-4 anni veniva letto ad alta voce davanti a tutti i capifamiglia della città che giuravano di andare d'accordo almeno per un triennio, obbedire ai consoli e rispettare le leggi”.I genovesi vanno d'accordo anche con il re di Maiorca, testimonia uno splendido trattato, il Maiorchino del 1188 redatto in arabo e interlineato in latino. “Siamo una nazione di mercanti e impariamo molto presto che invece della pace è molto meglio fare accordi commerciali. Il sovrano di Maiorca all'epoca è arabo e promette ai genovesi, a fronte dell'accordo a non essere attaccato, di lasciar insediare loro quartieri in tutte le città del regno. ” Un documento impressionante per dimensioni, modernità dei contenuti e straordinaria bellezza". “Una caratteristica quest'ultima – dice Olgiati – che molto spesso i documenti di grande importanza storica del nostro Archivio non hanno.” Per esempio l'Assereto del 1479 "un semplice atto notarile cartaceo, fondamentale tuttavia perché ha permesso di collegare il Cristoforo Colombo genovese al Cristoforo Colombo ammiraglio del Mare Oceano attraverso la testimonianza del giovane mercante che sta per trasferirsi a Lisbona e dichiara di essere cittadino di Genova”.I bisogni di restauri sono innumerevoli nei giacimenti storici e culturali dell'Archivio di Stato che però ha pochi fondi nazionali a disposizione. Per questo con 'adotta un documento' si rivolge ai privati e contiene il più possibile i costi degli interventi. “Con l'aiuto del nostro restauratore - dice Giustina Olgiati - teniamo i prezzi il più possibile calmierati e il restauro, tutto a mano, di un documento dal 1100 al 1400 lo limitiamo a 30 euro a foglio, compresa l'Iva che purtroppo pesa per il 22%. Per i documenti dal '400 in avanti la carta è più sottile e potendo farci aiutare da una macchina molto simile a quella con cui anticamente si faceva la carta, riusciamo a contenere il restauro al costo di 5 euro Iva compresa per un foglio formato A4”.Osservare da vicino le lunghe fila degli scaffali nei magazzini fa capire meglio di qualsiasi parola la vastità di queste miniere di antichi registri e filze che allineati si estenderebbero per 35 chilometri.“Le filze sono i contenitori archivistici della documentazione scritta su fogli singoli. Alla fine dell'anno tutte le carte di una magistratura o di un notaio venivano raggruppate, si costruiva una struttura in cartone alle due estremità, poi tutte le carte venivano bucate su un ago da lana e cucite con uno spago sottile e girando intorno alla sua parte finale un foglio di piombo si costituiva così un ago da filza”.Nel magazzino che custodisce secoli e secoli di finanza genovese, c'è la storia del debito pubblico, il più antico al mondo che risale al 1150, imposte, tasse, entrate della città dalla vendita di sale, tabacco e altri prodotti e anche la passione dei genovesi per il gioco.“Il lotto nasce a Genova come gioco del Seminario ed è Genova la prima città a trovare il modo di organizzare entrate per le finanze pubbliche costanti, anzi sempre in aumento proprio attraverso questa passione dei genovesi per il gioco”.Conservazione, tutela, valorizzazione e restauro degli antichi documenti sono i compiti dell'Archivio di Stato ma anche l'apertura al pubblico per metterli a disposizione di studiosi, ricercatori e studenti. “In tutta Italia - spiega Giustina Olgiati - la consultazione di archivi e biblioteche è gratuita e tutti i documenti sono a disposizione, esclusi soltanto quelli gravemente deteriorati. Inoltre per quelli già digitalizzati non è più necessario il contatto diretto per ragioni di studio e consultazione”.

Autore: 
Stefano Villa

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