La Città metropolitana va inventata tutti insieme
Le Città metropolitane, istituite sulla carta nel 2015 dalla legge Del Rio, per nascere concretamente non possono fare affidamento sulle sole forze della politica: hanno bisogno di un grande contributo di idee e di energie dal mondo reale, dalle forze vive della società che nei territori metropolitani vive e produce: impresa, università, mondo del lavoro. E’ questa la tesi che ha spinto Fondazione Labò, brain trust genovese di urbanisti, sociologi urbani e architetti presieduto da Luigi Lagomarsino, a promuovere un incontro per discutere natura, forma e obiettivi della Città metropolitana di Genova, soprattutto considerando che fra le funzioni qualificanti delle Città metropolitane c'è lo sviluppo economico. Ma che cosa sono le città metropolitane, guardandole invece che sulla legge che le istituisce formalmente, sul territorio? Secondo Matteo Colleoni, docente di sociologia urbana a Milano Bicocca e da quest'anno anche a Genova, che ha dedicato al tema 20 anni di studi, sono conurbazioni formatesi sul territorio attraverso secoli di storia con processi naturali, talvolta accelerati dalla politica come avvenne con l’istituzione della Grande Genova nel 1926. Il territorio metropolitano di Genova oggi si presenta con una forma circolare, come Roma e Torino (sono invece città metropolitane lineari Milano, la 'città veneta' e Napoli) e contrariamente alla percezione diffusa ha un'età media più giovane della media nazionale, per merito non del capoluogo ma dei comuni limitrofi che attirano residenti giovani. Inoltre è la città metropolitana con la più alta incidenza del terziario avanzato, fattore che secondo Colleoni la rende potenzialmente competitiva a livello internazionale. Proprio per l’unicità che caratterizza ogni singola Città metropolitana reale, non coincidenti coi confini della corrispondente vecchia Provincia con cui ha ben poco a che fare, per Massimo Quaini, geografo urbano, la loro istituzionalizzazione attraverso la legge Del Rio ha un difetto di origine che le rende intrinsecamente poco funzionali: ovvero le funzioni che debbono svolgere in certi casi hanno poco senso sul territorio che è stato loro assegnato (quello appunto della vecchia Provincia), dovrebbero essere esercitate su un territorio diverso, quello realmente metropolitano. Intanto però i nuovi enti devono darsi una forma e iniziare a operare. Qualcuno lo sta già facendo, come spiega il pianificatore Antonio Schizzi: Torino sta già iniziando ad attuare alcune politiche previste dal proprio Piano strategico, mentre Milano sta raccogliendo tutte le forze della società per pianificare il proprio sviluppo nei prossimi 10-15 anni. Anche la Città metropolitana di Genova sta muovendo i primi passi verso il proprio futuro, come spiega Andrea Pasetti, il suo ex direttore dell’urbanistica, che fino a pochi mesi fa ha seguito l’impostazione del piano territoriale metropolitano. Qualche spunto su come muoversi può venire dal passato: lo storico dell’urbanistica Rinaldo Luccardini ricorda come l’espansione urbana di Genova sulla collina di Carignano a fine Ottocento, in un periodo di boom economico innescato dall’esplosione del traffico portuale, venne pianificata ricorrendo a un’archistar dell’epoca, Giuseppe Poggi, che disegnò un piano urbanistico di grande respiro in parte realizzato e in parte rimasto sulla carta.