Santa Caterina, i tesori di Sestri Levante ora visibili
Una cassa processionale in legno dipinto realizzata nel 1735 dal Maragliano, la star dei presepi genovesi, e un crocifisso di Giovan Battista Bissone, scultore attivo a Genova nel Seicento che realizzò in molte chiese della città statue e crocifissi lignei di grande raffinatezza e valore artistico. Queste due opere, cuore del patrimonio artistico e devozionale della Confraternita di Santa Caterina d’Alessandria, a Sestri Levante, sono al centro fino al 20 febbraio di una mostra organizzata dal Musel, il Museo della città di Sestri, in due diversi luoghi: la chiesa di San Pietro in Vincoli, attuale sede della Confraternita, dove crocifisso e cassa sono ospitati stabilmente, e la sede dello stesso Musel, palazzo Fascie in corso Colombo, dove invece è stato allestito uno spazio in cui sono esposti documenti d’archivio del Settecento, pannelli che raccontano la storia della Confraternita di Santa Caterina e i capicroce d’argento del crocifisso seicentesco del Bissone, difficilmente godibili durante la processione del 25 novembre, festa della santa, quando insieme alla cassa del Maragliano il crocifisso viene portato dai confratelli per le vie della cittadina. Il culto di Santa Caterina d’Alessandria, martirizzata in Egitto nel 305 dopo Cristo prima su una ruota dentata, spezzata da angeli, e poi attraverso decapitazione, giunse in Europa e a Sestri Levante con i Crociati di ritorno dalla Terra Santa, nel 1.100. Inizialmente la sede della Confraternita era l’oratorio romanico di Sant’Anna, posto sulla cosiddetta Isola di Sestri Levante, a pochi passi dalla chiesa romanica di San Nicolò, patrono della città. Poi nel 1944 l’oratorio venne colpito e distrutto dai bombardamenti, e la Confraternita si spostò nell’attuale sede. Dedita per secoli al suffragio dei morti, alla cura delle anime ma soprattutto alla cura dei malati con l’ospedale gestito dal Medioevo fino al 1806 (e che sopravvisse anche dopo), la Confraternita di Santa Caterina ha nella processione il simbolo del proprio radicamento sociale, e il valore economico e artistico degli oggetti d’arte portati in processione, ed esposti in mostra, era legato all’esigenza di manifestare il proprio prestigio.