Ansaldo, l'era dei giganti di ferro
Fabbriche ciclopiche, imponenti e tetre come castelli medievali, con le altissime e spesse mura di mattoni annerite dal fumo; antri infernali, simili alle mitologiche fucine di Vulcano dove colate di metallo fuso riempiono enormi buche scavate nella terra e poi, raffreddate e dissepolte, riappaiono alla luce sotto le sembianze di enormi ingranaggi meccanici; gigantesche sagome di navi, più alte dei palazzi, che sfiorano le facciate delle case crescendo giorno dopo giorno, col ferro fissato al ferro da migliaia di bulloni; caldaie navali di dimensioni titaniche, ispide di chiodi come draghi d'acciaio; cannoni mastodontici, issati nel vuoto insieme ai loro fieri artefici da argani possenti e catene di ferro. E poi la locomotiva, simbolo per eccellenza della potenza del mezzo meccanico, che supera i limiti dell'uomo portandolo a valicare quasi in volo persino le montagne, come fece negli anni '50 dell'Ottocento, con un grandioso capolavoro ingegneristico sull'Appennino, la linea ferroviaria Torino-Genova, voluta dai Savoia per unire la capitale piemontese col grande porto conquistato al Regno da pochi decenni.
L'immagine dell'industria, negli anni epici della rivoluzione industriale, risente dell'ideologia positivista del progresso, condivisa tanto dal mondo capitalista quanto da quello socialista: un'ideologia che si riverbera in un'estetica fotografica e cinematografica che esalta le scoperte scientifiche, le innovazioni tecnologiche e le conquiste dell'uomo. Questa estetica magniloquente ed epica è chiaramente presente nelle 400.000 fotografie conservate nell'archivio storico dell'Ansaldo, il più grande gruppo industriale italiano a cavallo fra Otto e Novecento, fino al picco della prima guerra mondiale, e poi ancora per gran parte del secolo scorso, seppur attraverso fasi di forte ridimensionamento e riconversione: siderurgia, industria meccanica, navalmeccanica, elettromeccanica. Navi, locomotori, aerei, cannoni, carri armati, turbine, l'Ansaldo riempie l'Italia e il mondo con i suoi prodotti. Nata a Genova nel 1852, in pochi anni crebbe fino a diventare una potenza industriale.
ALESSANDRO LOMBARDO, CONSIGLIERE SCIENTIFICO FONDAZIONE ANSALDO
Fino al 30 novembre alcune fotografie dell'archivio storico Ansaldo sono esposte in una mostra a Palazzo Ducale, presso la sala del munizioniere, a ingresso gratuito. Fotografie in formato gigante, per restituire la maestosità delle officine e l'imponenza dei macchinari e dei manufatti in essi forgiati, così come l'impressione di forza della folla sterminata delle maestranze.
Nel 1917, all'apice dello sforzo produttivo per la Grande Guerra, Ansaldo aveva stabilimenti su vaste aree di Sampierdarena, Campi e Sestri Ponente, occupava quasi 100.000 operai e produsse 4.000 aeroplani e 10.000 cannoni.
L'uso della fotografia e della cinematografia da parte dell'industria, nel XIX e XX secolo, rispondeva a bisogni commerciali ma anche ideologici: da una parte si trattava di documentare i prodotti per farli conoscere ai clienti, che nel caso di Ansaldo erano, soprattutto nel periodo d'oro, esercito, ministeri e governi stranieri, dall'altra c'era la volontà di celebrare la potenza industriale e il ruolo di demiurgo dell'imprenditore, che portava il progresso nella società arcaica e contadina.
ALESSANDRO LOMBARDO, CONSIGLIERE SCIENTIFICO FONDAZIONE ANSALDO
Le fabbriche erano progettate come vere e proprie cattedrali del lavoro, con facciate monumentali che rappresentavano la grandiosità dell'industria: basti pensare allo stabilimento elettrotecnico di Campi. La presenza di questi immani edifici modificò il paesaggio rurale che per secoli aveva caratterizzato quelle zone, ma senza stravolgerlo e renderlo irriconoscibile, come invece fece, alla fine dell'epopea industriale, il passaggio dalla fabbrica all'insediamento diffuso del terziario.
Intervistati
Quanto sono chiare le informazioni su questa pagina?