Anni '30, quando Genova sognava New York (Piazza Dante)
I grattacieli di piazza Dante, costruiti negli anni '30, sono la testimonianza architettonica di una Genova che voleva essere metropoli, e sognava la skyline delle città americane.
La piazza venne ideata dopo la creazione, nel 1926, della Grande Genova, con funzione di centro direzionale monumentale della nuova metropoli..
Il piano urbanistico della piazza, firmato da Giulio Zappa, Aldo Viale e Robaldo Morozzo della Rocca, prevedeva in origine quattro torri identiche, poi ridotte a due per intervento di Marcello Piacentini, fra i massimi esponenti del razionalismo italiano.
Lo stesso Piacentini sarà anche il progettista, insieme ad Angelo Invernizzi, di una delle due torri, quella sud, detta torre dell'orologio.
MATTEO FOCHESSATI, AUTORE 'DALLA CITTA' AL MUSEO'
La torre sud di piazza Dante, di forte impronta modernista e futurista, quasi metafisica, è stata per decenni il secondo grattacielo più alto d'Italia dopo il Pirellone di Milano.
Il carattere monumentale dell'edifico è accentuato dal rivestimento della facciata, con strisce di marmo bianco alternate a strisce di clinker rosso.
Dotata di ascensori all'epoca velocissimi, è caratterizzato anche da alcune decorazioni artistiche: i mosaici di Oscar Saccorotti nei due ingressi e i due rilievi in facciata di Giulio Galletti: Cristoforo Colombo e il Balilla.
Il primo grattacielo di piazza Dante ad essere costruito fu però la torre nord, firmata da Giulio Rosso, e ha una fisionomia ancor più novecentista.
MATTEO FOCHESSATI, AUTORE 'DALLA CITTA' AL MUSEO'
La torre nord è più bassa di quella sud, che Piacentini edificò più tardi trasgredendo il piano urbanistico. Rosso gli fece causa, ma senza successo.
Completano la piazza il palazzo Ina, di Gino Cipriani, e il palazzo Gaslini, di Aldo Zuccarelli, edifici bassi che per volere di Piacentini sostituirono i grattacieli del progetto originale, per rendere più armonioso il raccordo con via Dante.
MATTEO FOCHESSATI, AUTORE 'DALLA CITTA' AL MUSEO'
I palazzi Ina e Gaslini hanno un profilo curvilineo simmetrico perché il secondo doveva accompagnare una strada, mai realizzata, che attraverso una galleria sotto le mura del Barbarossa avrebbe dovuto raggiungere corso Quadrio.
Sempre agli anni '30 risale la Casa del Mutilato di corso Saffi.
MATTEO FOCHESSATI, AUTORE 'DALLA CITTA' AL MUSEO'
La casa, pienamente razionalista, è composta da un corpo arretrato in marmo bianco e da uno avanzato a fasce bicolori, che richiama la cultura architettonica del gotico genovese ma anche il tema propagandistico del sacrificio bellico, a cui è dedicata: il marmo rosso di Levanto rievoca infatti il sangue versato dai soldati italiani caduti o mutilati nella Grande Guerra.
A ornare l'edificio, la statua della Vittoria di Guido Galletti, che celebra retoricamente il primo conflitto mondiale, e il gruppo dei mutilati di Eugenio Baroni, lo stesso scultore del monumento ai Mille a Quarto, di crudo realismo e non amato dal Duce.
Altro notevole esempio di quell'architettura funzionalista degli anni '30 di cui Genova conserva numerose opere è piazza Rossetti. Fu progettata nel '33 da Luigi Carlo Daneri, nell'ambito di un grande intervento urbanistico di riorganizzazione della zona della Foce che partì con la copertura del Bisagno, avviata nel '32 con lo smantellamento dei cantieri navali Odero.
MATTEO FOCHESSATI, AUTORE 'DALLA CITTA' AL MUSEO'
Sempre alla Foce si trova la statua del Navigatore di Antonio Maria Morera, anch'essa inaugurata nel '38 in occasione della visita a Genova di Mussolini: collocata in posizione di asse focale del nuovo grande viale sul Bisagno, celebra attraverso un'energica rappresentazione virile il culto fascista dell'ardimento.